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Attrezzatura per la moto
Attrezzatura per la moto

Attrezzatura per il pilota
Attrezzatura per il pilota

 Attrezzatura per il pilota

Questa pagina descrive l’abbigliamento e gli accessori per il guidatore ed il passeggero, anche questi dedicati a viaggiare e migliorare il confort, come i caschi, le giacche, attrezzatura per la pioggia, ecc.

NOTA BENE: quanto scritto di seguito è dettato solo e semplicemente dall’esperienza di anni e anni e centinaia di migliaia di km sia in città che soprattutto in viaggio. NON vuole essere un trattato completo nè pretendere riconoscimento scientifico: sono le MIE impressioni ed esperienze, poi ognuno ha le sue preferenze e le sue esperienze. Quello che ho scritto di seguito, è il mio punto di vista e come tale va interpretato, tutto qui! E ora ... buona lettura! :)

Attrezzatura per il pilota 

Giacche

Tessuto
Pelle

Pantaloni

Tecnici in tessuto
Tecnici in pelle
Jeans tecnici

Tute di pelle

Intere
Divisibili

Guanti

Pelle
Tessuto

Calzature

Stivali turistici
Stivali sportivi
Scarpe tecniche

Casco

Integrale
Modulare
Jet
Ibridi

Attrezzatura per la pioggia

Cerata
Copriguanti
Sovrascarpe
Goletta

Attrezzatura per l'inverno

Giubbini elettrici
Intimo tecnico
Sottoguanti seta
Sottoscarpe antivento
Sottocasco pile
Calzamaglie
Guanti con scaldino
Calzini tecnici

Protezioni

Paraschiena morbido
Paraschiena rigido
Paraschiena a “imbragatura”
Giubbini con protezioni
Paraginocchia
Airbag da moto

Sottocasco

Seta
Cotone
Con coprigola
Con copricollo

Interfono

Elettrico
Pneumatico
Bluetooth

Altri accessori

Copricambio
Visierina antinebbia
Tergivisiera

 

Attrezzatura per il pilota 

Passiamo ora all’attrezzatura per il pilota, che troppo spesso viene messa in secondo piano, ma che può realmente fare la differenza tra una piacevole esperienza ed un incubo da non ripetere mai più. Abbigliamento inadeguato, scarso isolamento dal freddo, dalla pioggia e dal mai troppo considerato vento, poche protezioni.
Questo e molto altro influisce sulle sensazioni vissute guidando una moto ed hanno un’importanza quasi pari al possedere la moto stessa.
Sia chiaro, io stesso i primi tempi, quando i soldi erano pochi e la passione incontenibile, mi arrangiavo come potevo, ma un minimo di base (freddo, pioggia, vento e protezioni) non è mai mancato.

 

Giacche 

Iniziamo dal punto più esposto alle intemperie: la giacca. Già questa premessa fa comprendere l’importanza di questo capo, che deve essere il più possibile di qualità e integro. Vediamo le tipologie pricipali.

Tessuto 

Le giacche in tessuto sono indubbiamente le più utilizzate e di conseguenza le Case produttrici offrono un’ampia offerta (o è vero il viceversa? ;)
Passando subito alle caratteristiche che devono avere, sempre nell’ottica del viaggio e del mototurismo, sicuramente figura una buona membrana che protegge dall’acqua. Qui le case di differenziano tra il famoso (e costoso!) Gore-Tex, il più rinomato e tra i migliori (se non IL migliore). Tante Case propongono delle alternative più o meno simili. Mi sentirei di consigliare l’“originale”, ma è anche vero che ci sono marche che producono le alternative da molti anni e penso siano altrettanto valide.
Poi le tasche, che devono essere in numero sufficiente (tanto qualcosa da metterci dentro si trova sempre ;) Devono essere ben protette ed avere delle chiusure sicure e al tempo stesso comode da azionare e da accedere. Attenzione alle tasche stagne, dove riporre i documenti. Di solito ne fanno una, al massimo due all’interno dell’imbottirura o del fodero, nella parte più riparata della giacca. Fare attenzione che sia effettivamente ben chiusa, senza possibili punti di infiltrazione.
Molto importanti sono le regolazioni che consentono di restringere e conformare la giacca “a pennello” sul proprio corpo: il collo deve essere alto e protettivo, con una chiusura solida che stringe bene senza far passare il vento (lo “spiffero” di aria dietro al collo è insopportabile!); i polsini devono essere regolabili e fanno molto comodo anche le regolazioni sulle braccia e sul tronco, sempre per stringere il più possibile la giacca sul corpo in modo che non sbatta in velocità.
Le zip devono essere grandi e solide, ben cucite e la “maniglietta” per azionarla sufficientemente grande da poter esser presa e azionata con i guanti indossati. I modelli a “doppia zip” a mio avviso sono preferibili, in quanto in questo modo includono un “flap” protettivo sulla prima zip, quella più esterna, che è anche quella più “aggredita” dal vento, dalla pioggia e, in definitiva, dal freddo. Le zip che si aprono anche dal basso sono molto comode per i maschietti che non devono spogliarsi in caso di bisogni “rapidi” ;)
Riguardo la lunghezza della giacca, sempre nell’ottica del mototurismo, i modelli lunghi (cioè che finiscono a metà sedere, per capirci) sono preferibili, ma dipende anche dal tipo di moto che si guida. Se si possiede una stradale / sportiva, ci si trova in posizione più o meno inclinata quindi la giacca tende a salire dietro: in questo caso, più è lunga e meglio protegge. Se invece si possiede una custom, una enduro o un’altra moto con seduta più dritta, anche un modello più corto risulterà ugualmente protettivo.
Un altro punto fondamentale sono le protezioni: preferire assolutamente quelle rigide! Sono le più resistenti e alla fine anche le più comode perchè tendono a spostarsi più difficilmente quando la si indossa, anche dopo molto tempo. Le protezioni morbide sono un palliativo poco utile e indice di per sè di scarsa qualità della giacca. Le protezioni devono stare sulle spalle e sui gomiti. Quella sulla schiena è meglio prenderla come paraschiena a parte, privilegiando la qualità. In questo caso può far comodo che la giacca abbia una sede e gli agganci in previsione del paraschiena, anche se nel 99% dei casi andrà bene solo per i paraschiena della stessa Casa produtttrice.
Passiamo all’imbottitura. In questo caso, c’è da considerare un compromesso. Se da un lato è vero che la giacca con l’imbottitura estraibile è più comoda e versatile per mille motivi (si può lavare, si può mettere quando serve e togliere quando fa troppo caldo, utile soprattutto nei viaggi in Paesi freddi, ecc), d’altro canto è vero che quando la si toglie, facilmente la giacca sarà troppo larga, anche di una misura in più e quindi potrebbe risultare più scomoda da usare (sbattimenti col vento, spifferi e così via). Viste queste ultime considerazioni, quindi, o si comprano due giacche tecniche, una per l’estate e le mezze stagioni e una per l’inverno, oppure diventano molto importanti le regolazioni di cui ho parlato poco sopra. Nel caso in cui l’imbottitura sia estraibile, fare assolutamente attenzione che la membrana di Gore-Tex o simili rimanga nella fodera della giacca! In caso contrario, la giacca non sarà più impermeabile.
Infine il tessuto esterno. Il più diffuso è la Cordura, in quanto resistente alle abrasioni. Ovviamente ci sono qualità ben differenti e più spessa e robusta è, meglio è. Purtroppo col tempo tende a consumarsi e ad assorbire acqua, rendendo meno confortevole la giacca in caso di pioggia.

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Pelle 

Passiamo ora alle giacche in pelle. Premetto che, naturalmente, sono di parte. Ho usato le giacche in tessuto per decine e decine di migliaia di km, per molti anni, compresi modelli “top di gamma” anche di marche famosissime e per anni sono stato soddisfatto. Poi ho provato una giacca di pelle e da quel momento praticamente non ho mai più indossato una giacca in tessuto!
La sensazione che ti dà la pelle, di sicurezza, di “corazza” cucita addosso, di “precisione” durante la marcia, senza il benchè minimo sbattimento o sventolio per il vento, nè cedimento in nessuna sua parte, è impagabile e impossibile da avere con una giacca in tessuto.
La pelle ha una resistenza alle abrasioni non paragonabile a nessun tessuto, nemmeno il più resistente. Prova ne sia che le tute dei piloti di velocità sono in pelle.
Ovviamente la pelle deve essere di qualità, spessa ma morbida.
Le regolazioni hanno meno senso sulle giacche in pelle, visto che devono dare la sensazione di essere “cucite addosso”. Per questo motivo, appena acquistate devono necessariamente essere strettine: bisogna ricordarsi che in poco tempo cedono anche mezza taglia! Quindi se non la si prende “molto giusta quasi stretta”, si rischia di avere in poche settimane di utilizzo una giacca larga e non c’è cosa peggiore di una giacca fuori misura.
Anche in questo caso il collo deve essere alto e protettivo, i polsini devono chiudersi senza far passare spifferi. Le tasche sono infinitamente meno, un paio sui fianchi e una interna, al massimo.
L’imbottitura serve solo per il freddo, visto che la pelle non è impermeabile, a parte rare (e costosissime!) eccezioni che non ho mai provato, quindi non so giudicare. Riguardo il freddo, dico solo che con la giacca che possiedo dal lontano 2001 ho viaggiato d’inverno anche quando vivevo nel Nord Italia così come d’estate in paesi desertici. Riesce a isolare a sufficienza sia dal freddo che dal caldo, anche se il vestiario indossato sotto e la protezione offerta dalla moto fanno una gran differenza.
Per proteggersi dall’acqua è indispensabile quindi una tuta anti-acqua, anche se le piogge di breve durata e/o intensità sono affrontabili senza problemi. In ogni caso vi assicuro che anche avendo una giacca in tessuto una tuta anti-acqua è indispensabile: se non l’avete vissuto, non potete immaginare quanto sia scomodo e fastidioso indossare una giacca zuppa, pesante e fredda di pioggia, magari per giorni di fila se viaggiate nel Nord Europa!
La zip è sempre una sola e spesso ha un piccolo “flap” posteriore per evitare che durante la marcia il vento entri da davanti.
Fate attenzione che, nel caso vogliate comprare in seguito un pantalone con la zip (o già ne possediate uno) per trasformarla in tuta divisibile, anche la giacca abbia la corrispondente zip nella parte inferiore e che sia compatibile con quella del pantalone!
Infine le protezioni quasi sempre sono rigide e queste vanno comunque preferite per i motivi spiegati nel paragrafo precedente.

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Pantaloni 

I pantaloni sono un capo tecnico che spesso figura verso il fondo della lista dei desideri di un motociclista. Forse è dovuto al fatto che costano poco meno di una giacca (ossia costano parecchio), ma i benefici sono meno noti o condivisi.
Invece, secondo me, in una ipotetica “classifica” dei capi d’abbigliamento più importanti, i pantaloni sono subito dietro a casco, protezione per la schiena e giacca. Prima ancora di guanti, stivali e poi a scendere tutto il resto. Questo perchè comunque proteggono in caso di caduta e poi dagli agenti atmosferici.
Se volete un consiglio, provate a vincere la diffidenza e compratene uno: non ve ne pentirete!
Vediamo quali sono le possibilità esistenti.

Tecnici in tessuto 

I pantaloni tecnici in tessuto hanno molte analogie con le giacche in tessuto, tanto che spesso vendono direttamente dei completi giacca & pantalone, ovviamente acquistabili anche separatamente.
Le analogie riguardano il tessuto esterno resistente, di solito Cordura o simili, in una membrana impermeabile (Gore-Tex e simili), nella imbottitura estraibile, in una serie di regolazioni per stringere il pantalone dove serve (in vita, alla caviglia e a volte anche altri punti), nelle protezioni rigide o semi-rigide (come minimo sulle ginocchia, ma spesso anche sui fianchi e a volte anche sugli stinchi). Le tasche sono ovviamente molte meno rispetto a quelle delle giacche: le due per le mani e a volte delle tasche sui lati della gamba
Per questo motivo, in linea di massima valgono le stesse considerazioni fatte in precedenza per le giacche in tessuto.
Specificità particolari dei pantaloni tutto sommato non ce ne sono. Al massimo il fatto che dietro al ginocchio devono essere meno spessi e prevedere dei “soffietti”, come spiegherò meglio nel paragrafo relativo ai pantaloni in pelle, visto che in quel caso il problema del retro del ginocchio è molto più sentito e d’impatto.

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Tecnici in pelle 

Come ho scritto poco sopra per i pantaloni in tessuto, anche nel caso dei pantaloni in pelle vi sono molte analogie con le giacche, ovviamente parlo delle giacche in pelle.
Comfort assoluto una volta indossati, nessuno sventolio o spiffero d’aria, sensazione di capo “cucito addosso”. Questi i punti di forza della pelle anche in questo caso e, come per le giacche, quando ho comprato il pantalone nel 2003, da allora non ho più indossato altro nei lunghi viaggi. Come i più attenti avranno notato, ho comprato i pantaloni 2 anni dopo rispetto alla giacca. Anch’io ero scettico rispetto alla reale utilità dei pantaloni tecnici, ma torno a ribadirla: li consiglio caldamente in quanto aumentano ulteriormente il comfort di marcia e quindi l’esperienza “globale” di guida. Ovviamente mi rivolgo principalmente a chi fa almeno le gite domenicali fuori-porta, oltre ovviamente ai mototuristi che viaggiano in Italia, Europa e altrove. Chi invece adopera la moto prevalentemente in città, allora i pantaloni sono troppo scomodi e laboriosi nel togli-metti magari da casa all’ufficio.
Dicevo delle analogie con le giacche in pelle: anche in questo caso al momento dell’acquisto devono essere leggermente stretti (attenzione sul leggermente! Non devono essere stretti da segar via le parti intime! Solo una leggera sensazione di stringimento, una mezza taglia in meno che poi “a regime” diventerà la taglia perfetta per voi!), considerando che, come detto, cedono circa mezza taglia.
Ci sono sempre le protezioni rigide sulle ginocchia e una leggera imbottitura sui fianchi e le classiche due tasche per le mani, nulla più.
Fate attenzione che, nel caso abbiate una giacca con la zip per trasformarla in tuta divisibile, anche il pantalone abbia la corrispondente zip nella parte superiore e che sia compatibile con quella della giacca!
Il punto principale da verificare per i pantaloni in pelle è che, come già accennato per i pantaloni in tessuto, dietro al ginocchio la pelle sia più sottile ed abbia dei soffietti per agevolare la flessione della gamba. Questo è molto importante perchè la pelle è spessa e dura e, se dietro il ginocchio non cambia lo spessore, quando ci siederemo in sella (e più la moto è sportiva --> più le gambe sono piegate --> più la parte dietro il ginocchio diventa importante) dopo poco tempo avvertiremo un forte fastidio se non dolore nei casi più estremi.
Infine, uno stratagemma che è utile avere, sono le piccole aperture ai lati della gamba, chiudibili con zip, per poter aprire due prese d’aria quando la temperatura esterna è alta.

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Jeans tecnici 

Purtroppo non ne ho mai comprato uno, quindi non so valutarli. I migliori arrivano a costare 300 euro (prezzo 2009), anche se il prezzo normale è tra i 100 e i 150 euro, quindi sono da acquistare comunque a ragion veduta.
I modelli migliori sono fatti di un tessuto morbido come il jeans, ma estremamente resistenti, almeno secondo i produttori. Alcuni modelli hanno anche una membrana impermeabile, così come delle imbottiture nei punti più importanti (ginocchia e fianchi, a volte stinchi).
Ovviamente la calzata non è molto “fashion”, ma considerato quanto proteggono, si può fare rinunciare un minimo all’eleganza e scegliere la sicurezza.
Infine, alcuni modelli sono elasticizzati e penso che questo stratagemma aumenti ulteriormente il comfort di marcia.
Sicuramente questo tipo di pantaloni è estremamente versatile: si possono indossare tutti i giorni, sia in città (quindi viaggiando protetti, contrariamente a quanto avviene di solito, almeno per quanto riguarda i pantaloni), sia in viaggio.

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Tute di pelle 

Le tute in pelle non sono solitamente associate al turismo, in ogni caso si possono usare per viaggi più o meno lunghi, fino ai classici tedeschi e altri popoli nord-europei che con le tute affrontano viaggi anche di migliaia di km.

Intere 

Valgono le considerazioni fatte per le giacche in pelle ed i pantaloni in pelle. Diversamente da queste, sono un unico pezzo di pelle con una zip sul torace che arriva fino all’inguine. Da indossare sono laboriose e scomode, ma una volta entrati dentro, chiusa la zip, saliti in sella e partiti, nulla vi può più fermare! ;)
Battute a parte, la situazione è proprio questa: scomode da indossare e togliere, ma estremamente comode durante la marcia.
Mi sento però di consigliarle solo a chi ha una moto stradale sportiva o estrema. In caso contrario, essendo poco pratiche anche per passeggiare durante una visita in viaggio, suggerisco le tute divisibili.
Se volete comprarla, pensate bene al tipo di utilizzo che intendete farne. Se siete per la velocità e la guida sportiva, optate per un modello già sagomato (gambe e braccia già conformate per raccogliersi dietro la carena della moto). Se invece siete più per il turismo, anche se veloce, fate attenzione che la tuta non sia troppo sagomata, altrimenti nella guida “normale” (più o meno eretta) alla lunga risulterà scomoda.
La caratteristica unica di questo tipo di tuta è l’imbottitura nella parte alta della schiena, subito dietro il collo. É una specie di semi-cono utile quando ci si abbassa in velocità sotto il cupolino: in quel momento quel piccolo pezzo di imbottitura diventa un tutt’uno con il casco, assumendo una forma estremamente aerodinamica ed è quello il motivo per cui è presente.

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Divisibili 

Dal mio punto di vista, sono la migliore soluzione possibile per viaggiare: uniscono i vantaggi e le sensazioni uniche dei capi in pelle (già descritte per le giacche in pelle ed i pantaloni in pelle) al comfort aggiuntivo di essere collegate da una zip, senza tuttavia aggiungere la scomodità di indossamento delle tute intere. In pratica, sia la giacca che il pantalone hanno una zip che può essere lasciata sia scollegata (avendo quindi giacca e pantaloni perfettamente separati e indipendenti), sia unita (ottenendo quindi l’equivalente di una tuta intera). Quando si è in marcia quindi conviene unire giacca e pantalone chiudendo la zip (ed evitando anche i possibili spifferi che potevano entrare nello spazio tra giacca e pantalone!), poi quando ci si ferma, si riapre e si ha la comodità di avere i due pezzi separati!
In commercio esistono sia tute che “nascono” divisibili (ossia coordinati fatti per essere venduti insieme) sia giacche e pantaloni che possono “diventare” tute divisibili (questo è il caso più comune), ossia che hanno una zip aggiuntiva utile nell’ipotesi che si compri anche un altro capo con zip, in modo da poterli unire. Normalmente le zip sono compatibili solo tra i modelli dello stesso produttore, ma di solito questo non è uno svantaggio particolare.
In ogni caso, se possedete una giacca di pelle con la zip nella parte inferiore e volete prendere un pantalone coordinato, dovete assolutamente fare attenzione che le due zip siano compatibili!
Per il resto (protezioni, tasche, ecc ecc) vale tutto quanto già detto nei precedenti paragrafi relativi alle giacche in pelle ed i pantaloni in pelle.

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Guanti 

I guanti sono importantissimi, più di quello che spesso si tende a pensare. Alcuni obiettano che in fondo è una parte piccola del corpo, non influenza più di tanto la temperatura (freddo, caldo), la riscaldo in fretta, ecc.
Sbagliato!
Se fa freddo, una mano scoperta amplifica molto la sensazione sgradevole, oltre a provocare dolori sempre più forti man mano che la temperatura diminuisce. Si intorpidisce, i muscoli si bloccano, non si riesce a frenare correttamente, nè impugnare a dovere il manubrio.
Allo stesso modo, se fa caldo, una mano sudata non è certo il modo migliore per controllare l’unico appiglio che abbiamo nella moto: il manubrio.
In più la mano scoperta è esposta a insetti, sassi e altri “oggetti volanti” che sulle nostre malconcie strade, con utenti della strada spesso incivili, non sono così rari.
Ok, usate i guanti, ma rimediate quello che capita: “i guanti da sci vanno bene lo stesso, no? Belli pesanti, caldi...”
NO!
I guanti da sci vanno bene per sciare, non per guidare una moto! I guanti da moto devono essere da un lato caldi e isolare dalla temperatura esterna, ma al contempo devono essere morbidi, dare sensibilità al pilota! In più i guanti da moto devono avere anche delle protezioni dalle cadute e l’asfalto, è evidente, è differente dalla neve.
Bene, vi ho convinto dell’importanza dei guanti? Andiamo a vedere cosa offre il mercato.

Pelle 

I guanti in pelle sono solitamente estivi o da mezza stagione. Difatti, come abbiamo visto nell’introduzione, dovendo garantire sensibilità, non possono essere particolarmente spessi e quindi la pelle sottile non riesce ad isolare molto dal freddo.
É vero che esistono guanti in pelle molto imbottiti, ma è anche vero che la pelle per sua natura non è impermeabile e quindi, in definitiva, a mio avviso i guanti in pelle non sono particolarmente indicati per l’uso invernale anche se, ripeto, esiste qualche buon modello.
Vediamo quindi la “declinazione” principale: l’uso estivo e da mezza stagione (primavera e autunno).
Il noto proverbio, “calzare come un guanto”, è giustificato in pieno: il guanto deve essere preciso, senza spazi vuoti in cima alle dita oppure, ancora peggio, che tirano. Infatti, al contrario di giacche in pelle e pantaloni in pelle, i guanti di pelle devono essere immediatamente precisi! Le mani non sono in grado di allargare le cuciture e “rilassare” l’indumento, se non a prezzo di grandi dolori.
Quindi la misura deve essere perfetta. Se non lo è, cambiate misura ed eventualmente anche modello o addirittura marca!
La pelle deve essere molto morbida, soprattutto nella parte a contatto con leve e manubrio: deve garantire il massimo della sensibilità. Indossate il guanto e afferrate l’altra mano o un oggetto: dovete sentire bene, avere sensibilità e contatto. É molto importante.
Poi le protezioni: le classiche sono quelle sulle nocche (meglio se rigide). Sui modelli più sportivi si trovano anche sulle falangi delle dita e in alcuni punti del palmo della mano. L’importante è che le protezioni non irrigidiscano il guanto e non impediscano i movimenti! Il guanto deve rimanere “mobile” e comodo da indossare!
Infine, la lunghezza. Il guanto può arrivare alla fine della mano, oppure estendersi più o meno sul polso, verso l’avambraccio. Fate attenzione che il sistema di chiusura sia comodo e regolabile. Il caro, vecchio velcro è sempre un’ottima soluzione, più delle zip che di fatto non sono regolabili: o aperta o chiusa e se non va bene, non c’è soluzione.

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Tessuto 

I guanti in tessuto hanno modelli per ogni stagione: dall’estate piena all’inverno profondo. Il guanto unico non esiste, quindi parlo di diverse paia di guanti!
Quello invernale deve essere, ovviamente protettivo e caldo, ma ricordate sempre che il guanto deve garantire mobilità e manovrabilità! Deve consentire di mettere la freccia, accendere le luci, suonare il clacson, aprire la visiera, ecc: guidare con un guanto rigido, una coperta dura, oltre che scomodo, è pericoloso! Quindi maneggevole e coprente allo stesso tempo, per questo i buoni guanti invernali sono rari.
Devono essere impermeabili, con membrane varie come Gore-Tex e simili. Ricordate che il guanto impermeabile al 100% non esiste, fidatevi! Quindi è inutile spendere follie per guanti sedicenti a prova d’immersione! Anche se dovesse davvero reggere l’acqua al 100%, dopo un anno non sarà più così e non vale la pena accendere un mutuo per comprare guanti. Meglio prendere un buon guanto e se piove a dirotto indossare un paio di copriguanti in gomma, che descrivo nell’apposito paragrafo.
Per quelli estivi e mezza stagione, vale quanto detto per i guanti in pelle: devono essere morbidi e sensibili.
Esistono poi dei guanti “super - estivi”, traforati o altri metodi di aerazione: assicuratevi sempre che siano resistenti alle cadute!
Al contrario della pelle, che è traspirante per natura, per i guanti in tessuto è un punto dolente: devono essere traspiranti, costruiti con materiali che lasciano evaporare il sudore prodotto dal corpo, senza far entrare l’aria esterna. Guidare con la mano sudata è terribile!
Infine, per quanto riguarda protezioni, lunghezza e sistemi di chiusura, vale quanto detto per i guanti in pelle.

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Calzature 

Andiamo ora verso il “fondo” del pilota, la parte finale: i piedi! Che siano scarpe o stivali, devono proteggere, come sempre, dagli urti (non solo le cadute, ma anche pietre e “oggetti volanti” più o meno identificati) e possibilmente anche da acqua e freddo.
Come per i guanti, anche in questo caso spesso la tendenza è usare quello che si ha, ma per fortuna qui non si possono usare gli equivalenti sciistici: guidare una moto con gli scarponi da sci è del tutto impossibile! ;)
Dico “per fortuna” perchè, una volta che l’esperienza avrà dimostrato i difetti delle calzature “normali”, non ci sarà la scappatoia dell’attrezzatura “quasi giusta” (i.e. la roba da sci o simili), ma si dovrà comprare qualcosa di specifico.

Stivali turistici 

Gli stivali turistici sono il grande classico dei moto-viaggiatori: alti, protettivi, spesso impermeabili, comodi.
Andiamo in ordine: lo stivale, in quanto tale, supera abbondantemente la caviglia e copre fin quasi sotto il ginocchio. Nella parte anteriore c’è sempre una protezione rigida per i cosiddetti “stinchi” (e sinceramente ignoro il nome di quelle ossa ;) e, più in basso, si trovano due protezioni “a guscio” per i malleoli, gli ossicini sporgenti ai lati della caviglia. Oltre a queste protezioni, a volte ce n’è una “immersa” nella suola, ossia una “intelaiatura” di metallo dentro la suola che impedisce, in caso di caduta, deformazioni eccessive del povero piede infilato dentro e, come ulteriori protezioni, a volte c’è la punta in acciaio, ma questa si tende a metterla prevalentemente negli stivali da cross, molto più soggetti a pietroni volanti.
Trattandosi di stivale turistico, quindi usato per viaggiare, è preferibile che sia impermeabile. Alcune marche sono eccezionali, credo l’unica parte di abbigliamento davvero impermeabile.
Gli stivali invernali devono essere anche caldi, mentre tutti gli stivali (invernali o estivi che siano) devono essere comodi! Indossateli e provate a camminare, sentite quanto sono rigidi e se ci sono parti che spingono o fanno attrito col piede. Quando si fa turismo, verosimilmente di tanto in tanto si scende dalla moto e si cammina. Se quel momento diventa una tortura, non abbiamo comprato dei buoni stivali!
Infine la chiusura: essendo alti, il classico è l’accoppiata zip (che apre lo stivale da poco sopra il tallone fino alla parte più alta) più velcro (che chiude e isola la zip da vento e acqua). Dietro la zip, naturalmente, c’è un flap che sbarra definitivamente (si spera! ;) la strada a vento e acqua. Ci sono anche altri sistemi più veloci, ad esempio un laccio che, una volta tirato, chiude tutta l’apertura dello stivale. Questo laccio, poi, è coperto dalla parte anteriore, rigida, dello stivale, che solitamente è chiusa dal velcro.

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Stivali sportivi 

Iniziamo col dire che gli stivali sportivi non sono adatti al turismo: sono rigidi in quanto ultra-protettivi, non impermeabili in quanto le ultra-protezioni in materiale plastico hanno snodi e attacchi difficilmente difendibili dall’acqua e, in definitiva, sono scomodi e poco pratici con le loro chiusure a leva e tiranti.
Detto questo, sono comunque calzature da moto, quindi se avete solo questi e dovete fare una gita, meglio gli stivali sportivi che le Superga! ;)

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Scarpe tecniche 

Le scarpe tecniche sono quelle dove probabilmente vale la pena scrivere di più. Infatti, mentre gli stivali “pensano a tutto loro”, visto che per loro natura sono alti e quindi, già che ci sono, contengono anche tutte le protezioni del caso e, in definitiva, occorre solo scegliere il modello più comodo e se si vuole, impermeabile, dicevo, per le scarpe tecniche ci sono molti più punti a cui prestare attenzione.
É anche vero che spesso le scarpe tecniche si scelgono per avere un capo tecnico, ma non troppo appariscente, da usare magari per andare in ufficio o anche passeggiare, come una scarpa “normale”.
Cominciamo dall’altezza sulla caviglia: ci sono scarpe vere e proprie, che finiscono sotto ai malleoli e ci sono gli scarponcini, che invece proteggono i malleoli coprendo più o meno estesamente la caviglia. A mio avviso sono da preferirsi queste ultime calzature, che danno più sostegno alla caviglia e sono più protettive oltre che dagli urti anche dall’aria che, alla lunga, dà fastidio anche sulla caviglia, se è scoperta!
Analogo discorso per le protezioni: più la scarpa è alta e più deve avere protezioni. Uno scarponcino, che altro non è che uno stivale leggermente più basso, deve avere le protezioni ai malleoli e sugli stinchi. Va assolutamente controllata la protezione sulla parte superiore del piede sinistro in corrispondenza del cambio: se assente, magari perchè la scarpa è troppo “urbana”, si deve tenere conto che in breve tempo, se non si adottano delle precauzioni, la parte a contatto con la leva del cambio si rovinerà inesorabilmente.
Trattandosi di scarpe dedicate all’uso quotidiano, anche per andare in ufficio, se sono impermeabili è meglio. Ci sono modelli eleganti che includono una membrana anti-acqua, quindi mi orienterei su questa soluzione.
Le chiusure possono essere le classiche a lacci, come una scarpa “normale”, oppure con velcro o ancora, con un unico laccio che scorre in dei passanti e che, quando tirato o rilasciato, apre o chiude in un attimo l’intera scarpa.
I materiali sono i soliti: tessuto, più o meno resistente (Cordura o altri materiali) oppure pelle. Da ricordare che le scarpe, in quanto tali, devono essere robuste, altrimenti si rovineranno in breve tempo, essendo poste a delle sollecitazioni maggiori rispetto alle altre scarpe.
Infine la suola: può contenere una protezione in metallo oppure essere la classica suola in gomma senza tante pretese.
Per concludere, fate particolare attenzione alla comodità ed alla anatomia della camminata! Visto che sono scarpe che indosserete per ore, camminandoci tanto, dovete curare particolarmente questo aspetto, per evitare di trovarvi con indolenzimenti e dolori alle articolazioni per scarpe piatte o scomode.

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Casco 

Il casco è la parte più importante di tutto l’abbigliamento da moto. Per fortuna questo concetto è condiviso da parecchie persone, anche se spesso solo a parole, visto che poi molto più spesso il principale criterio di scelta rimane il prezzo. Se è vero che i soldi sono il tasto dolente di tutti, la testa è ancora più dolente in caso di incidente, quindi ... meglio risparmiare su altre cose! In realtà non è necessario spendere cifre enormi, visto che si deve distinguere quando si sta pagando la qualità effettiva e quando invece si sta pagando il marchio e / o il design. Quindi ci si deve affidare alle proprie conoscenze, magari anche a quanto è scritto in questa pagina :) ma soprattutto alla competenza e correttezza del venditore.
La premessa comune a tutti i caschi e che quindi faccio qui per non ripeterla dopo ogni volta (ma ho il sospetto che lo ripeterò ugualmente ;) è che la qualità deve essere buona per ciascun casco: buoni materiali, buona manutenzione, assenza di incidenti e botte, visiera senza graffi e così via.
Deve anche essere indossato in modo appropriato: cinturino chiuso e stretto al punto giusto, mentoniera abbassata durante la marcia per i caschi apribili e così via.
Sono tutti punti fondamentali che fanno la differenza tra farsi MOLTO male, in casi limite (SGRAAAAAATTT!!!) anche perdere la vita e invece prendere solo un grande spavento se si riesce ad evitare l’incidente oppure farsi male in caso di caduta, ma con la testa al sicuro.

Descrivo qui i punti in comune a tutti i caschi, in modo da non dovermi ripetere eccessivamente in seguito.
Innanzi tutto i materiali: si annovera l’annosa questione se la fibra sia migliore del policarbonato. Come sempre, esistono ottimi policarbonati e mediocri fibre, quindi non è automatico che un casco in fibra sia migliore di uno in policarbonato. Così come il discorso della scadenza: un casco in fibra non è eterno! Ha anch’esso un ciclo vitale ed ogni 4 o 5 anni va sostituito, a prescindere dalla sua “storia” di incidenti o altro. In linea di massima, le fibre dovrebbero essere più leggere e rigide del policarbonato, ma, ripeto, esistono ottimi caschi in policarbonato che sono sicuri quanto quelli in fibra. É anche vero che i caschi cosiddetti “top di gamma” sono tutti in fibra, quindi se si sta cercando il meglio del meglio, al di là del rapporto qualità / prezzo, allora ci si deve orientare su pochissime marche ed il rispettivo modello di punta.
Anche la conservazione del casco deve essere ottimale, evitando assolutamente le vernici e gli adesivi che indeboliscono la calotta, come ricordato da tutti i foglietti illustrativi e istruzioni che accompagnano il casco.
Passiamo al sistema di chiusura: il tipo più diffuso è il cosiddetto “a sgancio rapido”, che è una chiusura in metallo dove una parte si infila nell'altra con uno scatto e per aprirlo si preme su delle alette, si tira una levetta, ecc in ogni caso si infila e sfila più o meno con un solo gesto. Questa chiusura unisce una certa sicurezza alla indubbia praticità. I punti deboli sono la qualità della parte in metallo che garantisce la chiusura (ho visto della pessima latta, quando non della plastica (!) che non avrebbe retto nemmeno un kg di spinta) e la precisione della chiusura, ossia quanto bene stringe il collo, visto che con questa chiusura, la regolazione viene fatta una volta e raramente sistemata e spesso ci si ritrova con una chiusura lenta, che assicura male il casco alla testa. La sicurezza maggiore, in fatto di chiusura del casco, è assicurata dalla chiusura “con cinturino”, dove si infila il cinturino (di per sè infinitamente più resistente di qualsiasi dentino o anellino o levetta di chiusura come nel caso della chiusura a sgancio rapido) dicevo, dove si infila il cinturino in due anelli che offrono una chiusura veloce, ma un’apertura laboriosa, a garanzia della sicurezza in caso di caduta. Oltre alla praticità, va anche detto che la chiusura “con cinturino” è più precisa di quella a sgancio rapido: è sempre perfettamente a misura, in quanto siete a voi a stringere ed aggiustare ogni volta che indossate il casco, mentre invece la chiusura a sgancio rapido può allentarsi, essere troppo stretta, ecc obbligandovi a regolare la chiusura (lavoro lunghetto anche questo) o ancora peggio a lasciar perdere quando la chiusura è un po’ lenta. Pensate anche a quando, d’inverno, magari avete addosso sciarpa o altri indumenti che rendono difficile chiudere il casco: con la chiusura “con cinturino” è sufficiente stringere al punto giusto, mentre con la chiusura “a sgancio rapido” occorre lavorare molto di più.
La taglia deve essere precisa, più sul leggermente stretto che sul leggermente largo. Ricordate che il casco in minima parte cede e questo implica due punti da ricordare: primo, prendetelo, appunto, un pelino più stretto, in modo da averlo preciso dopo alcuni giorni di utilizzo e, secondo, che il casco non si presta MAI! Deve essere come le mutande, le prestereste in giro?? (d’accordo, nessuno le accetterebbe, ok! ;) L’imbottitura interna del casco si deforma in un attimo e non ritorna più alla condizione originale. Dare il casco ad una persona con la testa più grande della nostra, che si sforza nell’indossarlo, quasi certamente implica un allargamento irreversibile del casco ed il casco largo è una delle cose peggiori che ci sia! Ovviamente ribadisco il punto sul leggermente stretto, non troppo! Inoltre, ogni marca ha una propria modalità costruttiva del casco: date preferenza alle case che costruiscono più calotte a seconda delle varie misure. Le migliori usano fino a 5 stampi diversi, via via più grandi, per le misure dalla XXS (che sta per Extra Small, la taglia più piccola) alla XXL (che sta per Extra Large, la taglia più grande). Inoltre questo significa anche che i caschi “vestono” in maniera differente: alcuni, ad esempio, stringono più la fronte rispetto ad altri. Il casco non deve assolutamente far male o premere in nessun punto della testa, altrimenti dopo un’ora o anche meno di utilizzo si proveranno mal di testa tremendi. Quindi il casco va provato e ci si deve assicurare col venditore che sia eventualmente possibile sostituirlo di lì a pochi giorni nel caso in cui, dopo un breve utilizzo, ci si accorga che la misura non è corretta. Se un casco fa male o si prende una taglia più grande oppure si fa prima a cambiare modello o anche marca, fino a trovare quello giusto per la propria testa. Per completezza va anche detto che è possibile sagomare da soli l’imbottitura, smontandola e ritagliando una parte sottilissima nel punto che fa male, ma è un’operazione da fare con cautela, pena anche laperdita della garanzia.
Altro punto in comune a tutti i caschi riguarda gli interni. Questi devono essere di qualità, morbidi e confortevoli al tatto e sulla pelle. Quindi, oltre a toccarli, indossate il casco e sentite che effetto vi fa sul viso. Gli interni, inoltre, è meglio che siano completamente rimovibili e asportabili per poterli lavare e pulire con comodo. Il casco, infatti, si sporca moltissimo, molto più di quanto si possa immaginare. Il traffico e i capelli lo sporcano a fondo. Fate la prova lavando gli interni e ditemi se non è vero che uscirà un’acqua incredibilmente nera!
L’ultimo punto in comune a tutti i caschi è la visiera: deve essere spessa ed avere il rivestimento anti-graffio. Utilissimo anche il trattamento anti-nebbia (anti-fog in inglese), in modo che in inverno o in caso di pioggia o simili, la visiera non si appanni impedendo la visibilità, cosa pericolosissima! Quando la visiera si graffia, va sostituita!! Non si viaggia con visiere graffiate, è pericoloso! La linguetta di apertura della visiera, per sollevarla ed aprirla, è meglio che sia laterale e non centrale, in modo che quando si deve aprirla non occorre passare la mano davanti agli occhi, impedendo la visuale nemmeno per un istante. Sono comodi anche quei caschi che prevedono una levetta per tenere la visiera parzialmente aperta. Anche se tale levetta deve tenerla davvero parzialmente aperta e non quasi spalancata, altrimenti è inutile! Infine, per quanto riguarda le colorazioni, a mio avviso le migliori sono quelle completamente trasparenti, visto che le altre, in condizioni di scarsa luminosità, rendono ancora più difficile guidare. Al limite vanno bene le visiere leggermente fumè, per limitare le luci più intense e accecanti.

Dopo questa lunghissima premessa, vediamo quali sono le tipologie di caschi che offre il mercato. Il casco può sembrare un oggetto semplice (in fondo deve “solo” proteggere la testa), ma in realtà ha una serie di elementi che rendono complessa e articolata la scelta e la valutazione del casco “migliore” per ciascuno di noi.

Integrale 

Il casco integrale, essendo completamente chiuso e progettato fin dalla sua nascita per essere e restare tale, è il più sicuro in assoluto, sempre ricordando l’importanza dei fattori chiave, già illustrati nella premessa, riguardo la qualità dei materiali e della costruzione, la sua età, la conservazione e le sue “esperienze” in termini di botte e cadute.
Al di là di questo e di quanto già detto nella premessa per quanto riguarda materiali, taglie, tipo di chiusura, visiera, ecc, tutto sommato rimane poco da dire in merito a questo tipo di casco.
Un punto particolare riguarda l’aerazione che, in un casco completamente chiuso come quello integrale, è sicuramente fondamentale. Il “minimo sindacale” sono le prese d’aria sulla mentoniera e sulla fronte. A volte anche la visiera è dotata di prese d’aria per evitare il fastidiosissimo appannamento della stessa. Spesso si trovano degli estrattori (ossia punti che aiutano il fluire ed il defluire dell’aria introdotta con le prese d’aria) in cima e sul retro della calotta del casco. La qualità dell’aerazione è molto importante per evitare appannamenti invernali e soffocamenti estivi ;)
I modelli più sportivi includono spesso anche degli spoiler aerodinamici, la cui funzione è, appunto, quella di migliorare la penetrazione nell’aria della testa. Oltre all’estetica, questo accorgimento si rivela utile solo dopo una velocità notevole, quindi in linea di massima, a parte i gusti estetici, non è un fattore determinante nella scelta di un casco.
Infine il peso, che, come sempre, più è basso e meglio è.

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Modulare 

Il casco modulare a mio avviso è il casco per eccellenza del mototurista. Il fatto di poter aprire la visiera per mangiare, bere, fumare, chiedere informazioni facendosi capire e senza spaventare la gente o semplicemente per prendere aria, lo rende incredibilmente comodo, versatile e soddisfacente.
Va ricordato ovviamente che aprirlo in movimento è pericoloso, in quanto quando è aperto viene a mancare la protezione offerta dalla mentoniera. Il fatto di essere apribile, poi, lo rende soggetto a due tipi di omologazione: una come integrale (quando si trova in posizione chiusa) e una come jet (casco aperto, quando si trova in posizione aperta, con la mentoniera sollevata). Quindi, quando acquistate un casco modulare, chiedete che tipo di omologazione ha. Dovreste prediligere quelli, appunto, con la doppia omologazione, per evitare di vedervi infliggere una multa se vi fermano con il casco in posizione aperta (la quale, lo ricordo, è vietata per i modulari che hanno la sola omologazione come integrale - e sono la maggioranza, almeno per il momento).
Un’altra caratteristica specifica dei caschi modulari riguarda la visierina parasole. É una piccola visiera scura che si trova nella parte superiore del casco e torna utile nel caso in cui abbiate il sole contro. Invece di indossare gli occhiali da sole o peggio ancora proseguire a guidare anche se siete abbagliati, quindi vedendo pochissimo con tutti i pericoli che ne conseguono, è sufficiente abbassare questa visierina e avete risolto il problema. La chiamo visierina perchè normalmente è piccola, arriva a coprire gli occhi e poco più. Fate attenzione che la visierina parasole sia indipendente dalla visiera vera e propria. Difatti, alcuni modelli “base” sono fatti in modo che potete abbassare la visierina solo se la visiera principale è abbassata, il che rende il tutto molto scomodo (situazione tipo: estate, caldo intenso, sole negli occhi...dovete tenere la visiera chiusa se volete riparare gli occhi dal sole, peccato che morirete soffocati! ;) Quindi, visierina indipendente e che si “annida” all’interno della calotta, e non che si ritira esteriormente al casco. Il fatto che l’alloggiamento della visierina sia ricavato all’interno della calotta del casco, la rende più stabile e sicura e vi fa capire che il casco è stato appositamente progettato per averla e non aggiunta all’ultimo secondo.
Infine, oltre a quanto già detto nella premessa e nel paragrafo sui caschi integrali riguardo chiusura, calotta, taglie, tipo di chiusura, interni, aerazione, ecc, un punto particolarmente importante per i caschi modulari è il peso. Difatti, il meccanismo di apertura della mentoniera implica un peso aggiuntivo che spesso è notevole. A mio avviso i costruttori “se ne approfittano”, perchè alcuni hanno un peso davvero esagerato! Quindi, in generale i caschi modulari peseranno parecchio di più (almeno 500 grammi, che è moltissimo) dei “cugini” integrali. Nonostante questo, cercate comunque quello più leggero!

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Jet 

I caschi jet sono quelli aperti, senza mentoniera. Sono il classico casco cittadino da scooter o da moto custom. Essendo completamente aperti ovviamente sono anche poco sicuri e protettivi.
Non avendo la mentoniera, la visiera può essere anche molto lunga e finire all’altezza del mento o addirittura poco sotto. Non potendosi chiudere in altro modo, se non avete parabrezza o altre parti della moto che vi riparano dall’aria, più la visiera è estesa e meglio è.
La parte fondamentale dei caschi jet riguarda la protezione offerta dalla calotta. Difatti, ci sono modelli che quanto meno coprono a dovere il retro della testa, ben sotto il cervelletto ed i lati del cranio, abbondantemente oltre la testa. Questi modelli sono assolutamente da preferirsi a quelli che a malapena coprono la parte posteriore della testa. É una questione di sicurezza sulla quale non bisogna transigere.
Per quanto riguarda il resto, in termini di chiusura, materiali, ecc vale quanto già detto nella premessa e nei paragrafi successivi.

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Ibridi 

I caschi “ibridi”, nome che gli ho dato io ;) sono quei caschi che con sistemi meccanici di varia natura possono essere integrali o jet. Mentre i caschi modulari si affidano ad una mentoniera apribile che comunque rimane, al più, aperta a pesare sopra il casco, i caschi ibridi adottano altri sistemi che trasformano completamente il casco da una tipologia all’altra. Ad esempio, il casco può essere di fatto aperto come un jet (quindi con visiera lunga, senza mentoniera chiusa, ecc), ma avere una barra metallica al posto della mentoniera che lo rende sicuro come un integrale (almeno a detta del costruttore ;) Oppure può avere una mentoniera che si rovescia completamente dietro la testa, trasformando in un attimo il casco da integrale a jet. Oppure, infine, può avere una mentoniera removibile (non in movimento, è chiaro) che lo trasforma, smontandola, da integrale a jet. Non li ho mai provati, ma mi sembrano una soluzione molto comoda per avere il massimo della flessibilità possibile: quando si viaggia, integrale e quando si gironzola ai lati della spiaggia, jet :)
Per il resto, vale quanto già detto nella premessa e in tutti i paragrafi successivi, visto che questo tipo di casco “ricopre” tutti quelli descritti sin qui.

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Attrezzatura per la pioggia 

L’attrezzatura per la pioggia è importante sia per chi viaggia (soprattutto nel Nord ed Est Europa), sia per chi usa la moto tutto l’anno e si trova quindi ad affrontare i piovosi mesi autunnali ed invernali in città e nei dintorni.
Questa attrezzatura deve essere di qualità (tanto per cambiare! ;) perchè è chiaro che una cerata che fa entrare l’acqua è davvero poco utile. Vediamo i vari capi disponibili per tenere asciutto il pilota dalla testa ai piedi.

Cerata 

La cerata serve a proteggere il corpo dalla pioggia. Il materiale può essere plastico, ossia di plastica “lucida” più o meno morbida e queste sono quelle generalmente di qualità inferiore. Poi ci sono quelle il cui esterno è una specie di tessuto (dico “specie” perchè ha la trama del tessuto, ma ovviamente è tutto sintetico) e l’interno è in plastica isolante e queste sono di qualità medio - alta e poi, infine, ci sono quelle composte unicamente da membrane isolanti, come il Gore-Tex. Queste ultime da un lato sono il meglio che si possa avere, in quanto, punto essenziale, sono traspiranti (i primi due modelli, invece, non lasciano traspirare e se le indossate per qualche ora alla fine vi ritrovate bagnati quasi quanto se non l’aveste indossata!), isolano bene dalla pioggia e soprattutto hanno un ingombro, da chiuse, veramente minimo. Di contro, sono MOLTO fragili, proprio perchè sottilissime e non potete andare oltre una certa velocità, altrimenti le strappate.
La cerata può essere spezzata, ossia composta dai due pezzi giacca e pantalone, oppure intera, un pezzo unico. Quella spezzata è molto più pratica e consente di indossarne anche solo una parte a seconda delle esigenze. Quella intera, a prezzo di una maggiore laboriosità per indossarla, garantisce un isolamento migliore, essendo un pezzo unico senza separazioni, elastici, ecc.
La cerata, anche se in pezzo unico, è composta da più parti unite tra loro: gambe, braccia, tronco. Fate attenzione che le cuciture tra le varie parti (la chiusura delle gambe e delle braccia, l’attaccatura delle braccia al tronco, ecc) siano fatte bene, resistenti e ben protette. Le migliori in genere sono quelle cosiddette “termosaldate”, ossia unite tra loro scaldando e fondendo in minima parte il materiale plastico di cui è composta la cerata. Queste cuciture devono poi essere “nastrate”, ossia coperte da un’abbondante striscia, ovviamente di materiale plastico, tipo scotch, che isola e protegge ulteriormente la cucitura.
Le chiusure riguardano diversi punti: intanto quella principale della cerata, da dove la infilate. Solitamente è una zip protetta da un “flap” che si chiude e rimane in posizione grazie al velcro. La zip anteriore deve essere protetta nel modo migliore possibile! Controllate anche che la zip sia robusta e costruita a mestiere. Le chiusure su collo, polsi e caviglie devono potersi regolare il più possibile, in modo da potersi stringere alla perfezione ed al massimo possibile indipendentemente da quello che indossate sotto. Quindi la soluzione migliore, a mio avviso, è di nuovo il velcro, che può essere regolato e stretto a piacimento.
Trattandosi di una cerata, che quindi deve resistere e isolare il più possibile ed il meglio possibile all’acqua, è chiaro che una o più tasche mettono in pericolo la tenuta stagna della cerata stessa. Quelle meno tecniche, ossia in plastica (le prime che ho elencato) spesso ce l’hanno, dato che sono un pezzo unico di plastica e non hanno di questi problemi, ma già il secondo tipo ed a maggior ragione il terzo tipo, che hanno cuciture termosaldate, sono rese ancora più delicate dalle tasche. Se ne può fare a meno, dato che sotto la cerata normalmente indossate la giacca vera e propria, più protetta e con tutte le tasche che desiderate!
Infine, fate attenzione che la cerata abbia delle parti catarifrangenti. É risaputo che in condizioni di pioggia la visibilità è inferiore, anche di molto, quindi se avete delle bande che riflettono la luce dei fari e dei lampioni, ci guadagnate in visibilità e quindi in sicurezza.

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Copriguanti 

I copriguanti o “sovraguanti” sono dei guanti di gomma che si mettono sopra i guanti veri e propri (o volendo sopra le mani nude, se la temperatura non è troppo rigida) per proteggere il guanto e la mano dalla pioggia.
Sono utili soprattutto quando si usano guanti in pelle, che si rovina con la pioggia, ma anche con guanti in tessuto, più o meno impermeabili. Infatti, anche se indossate guanti in tessuto impermeabili, ma vi trovate ad affrontare ore ed ore di pioggia (Irlanda? Europa del Nord? ;) è meglio che indossiate qualcosa di supplementare per proteggervi meglio dall’acqua, che prima o poi entrerà e manterrà il guanto bagnato (ed eventualmente anche freddo) per ore.
I copriguanti non hanno caratteristiche particolari, se non la gomma che deve essere di buona qualità, morbida ed elastica, altrimenti si creeranno presto delle crepe e quindi dei punti di infiltrazione dell’acqua.
La misura deve essere giusta, ossia nè troppo larga nè troppo stretta, in modo da avere il massimo della sensibilità e della libertà di movimento nella guida.

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Sovrascarpe 

I sovrascarpe, come i copriguanti, si indossano sopra le calzature indossate (scarpe, stivaletti, ecc) per proteggere la calzatura ed il piede dalla pioggia.
É meglio che sia presente una protezione all’altezza della leva del cambio, per evitare che sia il primo punto a rompersi.
La suola deve avere un certo “grip” altrimenti, considerato che il terreno è bagnato, se la suola è scivolosa, è facile fare un bel ruzzolone visto anche il gioco che si crea tra la scarpa vera e propria e le sovrascarpe.
Di solito, per migliorarne la vestibilità, è presente un elastico all’altezza della caviglia per rendere il tutto più aderente e meno sventolante in velocità.
É presente un’unica chiusura, più o meno all’altezza del polpaccio ed in genere realizzata con il velcro.
Infine, esistono dei modelli imbottiti pensati appositamente per l’inverno o comunque per i viaggi verso le destinazioni fredde.

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Goletta 

La goletta è una protezione che si attacca alla parte bassa del casco e scende sul collo, a proteggerlo. Non è molto estetico a vedersi, ma molto efficace nel bloccare spifferi e infiltrazioni di acqua e vento nel collo che, soprattutto d’inverno, sono molto fastidiosi.
Si fissa al casco con piccoli pezzi di velcro e non ha altre caratteristiche particolari.

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Attrezzatura per l'inverno 

L’inverno, si sa, è una stagione che può essere molto dura e più si va a Nord, più bisogna coprirsi in maniera adeguata. Le aziende e la ricerca fortunatamente si sono date da fare ed hanno creato una serie di accessori e capi d’abbigliamento per riuscire a superare la maggior parte dei momenti più “brividosi”.

Giubbini elettrici 

I giubbini elettrici (ma esistono anche tutte le altre parti elettriche, come guanti, calzini, pantaloni, ecc) sono il vero Uovo di Colombo anti-freddo e seguono il principio della termocoperta. Il modello che ho provato e regalato immediatamente alla fidanzata freddolosa è un gilet con delle resistenze elettriche che producono calore e sono alimentate dalla batteria della moto. Infatti, per quanto ci si isoli dal freddo, a lungo andare la temperatura comunque scende. Infatti, isolarsi dal freddo con capi d’abbigliamento anche iper-tecnici, è e rimane una tecnica “conservativa”, “passiva”: si tende a conservare il più a lungo e il meglio possibile il calore che si possiede e che, in condizioni di freddo più o meno estremo, difficilmente si riesce a produrre, considerando anche l’eventuale stanchezza e fatica. Il giubbino e gli altri capi elettrici, invece, sono soluzioni “attive”, in quanto producono calore e anche tanto!
Le case che producono questo tipo di abbigliamento sono pochissime, forse addirittura una sola, per cui non avrete difficoltà a trovarla. I prodotti sono ottimi e funzionali.
Il funzionamento è semplice: si attacca un cavo alla batteria della moto e lo si fa uscire sotto la sella; questo cavo rimane sulla moto, quindi va fissato bene e isolato dall’acqua. Si indossa il giubbino che ha una presa che scende (impermeabile e testata anche sotto la pioggia) e che si deve agganciare alla presa sulla moto e il gioco è fatto. Poichè si è, di fatto, attaccati alla moto, l’unica avvertenza è quando si scende, stando attenti prima a scollegarsi e poi ad allontanarsi dalla moto, altrimenti si strappa tutto! ;)
Questo è un grande prodotto, consigliatissimo a tutti coloro che fino a oggi hanno avuto freddo.

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Intimo tecnico 

L’intimo tecnico è composto dalla maglia, sia a manica lunga che corta e dai pantaloni. Essendo “intimo”, si indossano sotto a tutto, direttamente sulla pelle, si tratta di capi sottili, leggermente elastici e molto confortevoli e hanno la proprietà di mantenere costante la temperatura corporea senza trattenere l’umidità del sudore, che per sua natura raffredderebbe il corpo, però anche il resto dell’abbigliamento non deve trattenere il sudore, altrimenti non si risolve nulla! “Traspirante” è la parola chiave, dalla canottiera fino alla giacca!
I materiali sono i più disparati, generalmente a forte componente sintetica per superare i limiti delle fibre naturali soprattutto in fatto di traspirazione. In questo caso (uno dei pochissimi!) possono andare bene capi d’abbigliamento anche dedicati ad altre discipline sportive come trekking, arrampicata, sci. Il criterio, oltre alla qualità, è anche il prezzo, visto che spesso un capo da moto, per motivi misteriosi, costa il doppio e più dello stesso identico capo da trekking o da sci. Misteri del commercio ... :(

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Sottoguanti seta 

I sottoguanti, come dice il nome stesso, sono dei sottilissimi guanti che si infilano sotto i guanti veri e propri. Aggiungono una fonte di calore e di comfort.
I sottoguanti pensati per il freddo sono in pura seta (fate attenzione che sia seta al 100% e non misto seta-acrilico), altrimenti sono in cotone.
Non ci sono indicazioni aggiuntive, se non che sono comodi e danno una sensazione molto piacevole sulla pelle e li consiglio anche per sporcare meno i guanti veri e propri, visto che è più facile lavare i sottoguanti che non i guanti veri e propri.

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Sottoscarpe antivento 

I sottoscarpe sono, al pari dei sottoguanti, dei calzini abbastanza sottili che si infilano sopra i calzini veri e propri e contribuiscono ad isolare il piede dal freddo e dal vento. Non sono sottili come i sottoguanti perchè, come dice il nome, contengono anche una membrana antivento che protegge, appunto, dal vento, ossia dall’elemento che d’inverno sottrae calore e d’estate lo aggiunge!
Provateli attentamente prima di acquistarli, indossandoli con le calzature che usate di solito per andare in moto, per verificare che non diano fastidio o sottraggano troppo spazio al piede, impedendo la circolazione.

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Sottocasco pile 

Questo paragrafo sui sottocasco in pile si distingue da quello successivo sul sottocasco “classico” e le sue tante declinazioni, per il fatto che qui descriverò unicamente la sua versione invernale e quindi nel materiale più caldo possibile, il pile.
Essendo un sottocasco a tutti gli effetti, lo si indossa sulla testa tipo maschera di Bat Man, lasciando scoperti solo gli occhi. Il pile scalda tutta la testa e la parte che scende sul collo. Questa parte deve essere ampia e coprire il più possibile anche l’inizio delle spalle, del petto e dietro la testa, a scendere verso le scapole. La parte che scende dal collo in giù è bene che sia ricoperta di materiale anti-vento e, possibilmente, anche anti-pioggia.
Non ci sono altre indicazioni particolari, la taglia deve essere giusta, al limite vagamente tendente allo stretto visto che un pochino i tessuti cedono.

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Calzamaglie 

La calzamaglia è un capo quasi “antico”, rimpiazzato spesso con successo dall’intimo tecnico da cui deriva la funzione di fondo (scaldare le gambe ed i piedi, nel caso in cui sia il modello lungo), ma molto più economico.
Per questo motivo, valgono le stesse considerazioni fatte per l’intimo tecnico, con la differenza relativa alla traspirazione, in quanto la calzamaglia, essendo generalmente fatta di lana, tende a trattenere il sudore e quindi a inumidirsi, e per questo sono da preferirsi materiali più moderni.
I modelli sono fondamentalmente due: con e senza piedi, ossia che nel primo caso terminano alla caviglia e nel secondo caso coprono anche i piedi. Se le calzature che avete sono “giuste”, quasi strette con i calzettoni invernali, è meglio indossare una calzamaglia senza piedi, mentre invece, se c’è lo spazio sufficiente per far circolare il sangue, una con i piedi scalda di più.

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Guanti con scaldino 

Visto che parliamo di attrezzatura invernale, esistono dei guanti che possiedono, sul dorso della mano, una tasca dove infilare delle compresse di materiale particolare che al contatto con l’aria produce calore. Queste compresse hanno efficacia per alcuni minuti, credo non più di mezz’ora, quindi è una soluzione d’emergenza, in caso di un peggioramento improvviso del meteo.
Per questo motivo, i guanti con scaldino devono essere in primo luogo dei buoni guanti invernali, con tutte le caratteristiche che ne conseguono e poi, alla fine di tutte le considerazioni, tener conto anche della possibilità di inserire uno scaldino che, ripeto, deve essere considerata una situazione di emergenza, non la modalità abituale di utilizzare questo tipo di guanti.

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Calzini tecnici 

I calzini tecnici sono un incrocio tra l’intimo tecnico ed i sottoscarpe antivento ossia devono avere le proprietà caloriche e traspiranti dei primi e devono isolare dal vento e dal freddo come i secondi.
Come per l’intimo tecnico, esistono tanti materiali differenti e si possono trovare validissimi capi d’abbigliamento anche venduti per altre discipline sportive, da scegliersi quindi se il prezzo è più vantaggioso.

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Protezioni 

Le protezioni, va da sè, sono fondamentali per la sicurezza e la salvaguardia di chi va in moto, sia guidando che come passeggero. Difatti non c’è particolare differenza tra chi guida e chi sta dietro, sebbene molto spesso capiti che il pilota sia meglio attrezzato del passeggero.
Le protezioni possono riguardare tutto il corpo e nei paragrafi che seguono analizzo le protezioni ad esclusione di quelle già esaminate nei paragrafi precedenti, quali casco, giacche, ecc ossia qui parlerò solo delle protezioni aggiuntive.
Le protezioni che descrivo in questo paragrafo vanno indossate tutte sotto la giacca, sia per comodità che per renderle più efficaci e soprattutto stabili nell’evento per il quale sono state progettate: l’incidente. A dirla tutta, il consiglio è indossarlo il più possibile vicino al corpo, subito sopra la maglietta, così il resto dell'abbigliamento contribuirà a mantenerlo in posizione ed in caso di incidente farà al meglio il suo lavoro (sempre corna facendo, eh!)

Paraschiena morbido 

Il paraschiena morbido, o fascia renale, più che una vera e propria protezione, è utile a mantenere la schiena dritta e dare sostegno senza il fastidio di alcune protezioni più rigide. Va da sè che la protezione è relativa e quindi non è particolarmente consigliata.
Non posso nemmeno suggerire di accoppiarla ad una protezione rigida, perchè penso che la somma delle due (rigida più morbida) risulti in uno spessore eccessivo che renderebbe scomoda la giacca.
La chiusura avviene tramite velcro.

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Paraschiena rigido 

Il paraschiena rigido è quello cosiddetto “a tartaruga”, ossia con una serie di placche rigide che scorrono parzialmente l’una dentro l’altra ed offrono resistenza agli urti.
Il modo in cui scorrono tra loro le placche determina anche buona parte della comodità del paraschiena: possono scorrere soltanto in senso verticale (ossia se piegate la schiena all’indietro o in avanti) oppure anche in senso trasversale (ad esempio se ruotate il busto oppure vi piegate di lato). Ovviamente, maggiori sono i gradi libertà e più è elevato il comfort mentre l’indossate.
La chiusura è a velcro, da controllare per qualità ed estensione, ossia se il velcro della chiusura è poco esteso, ci si può aspettare che non appena inizia a consumarsi, non riuscirà più a chiudersi o si aprirà molto facilmente, rendendo di fatto inutile la protezione stessa. Le chiusure migliori in realtà prevedono due chiusure con velcro, una sopra l’altra: la prima per fermare il paraschiena, la seconda per stringerlo il meglio e più forte possibile.
I materiali sono tipicamente plastici e non so quanta differenza reale (al di là del marketing e della marca, intendo) ci sia tra i vari materiali proposti, ma non penso più di tanta.
La grande discriminante riguardante questo tipo di protezioni è la loro estensione, sia verticale che orizzontale.
Verticale, nel senso di quanta parte della schiena coprono (quelli che la coprono tutta li descrivo nel prossimo paragrafo, sono i paraschiena a “imbragatura”). I minimi coprono le vertebre più in basso sulla schiena; quelli poco più estesi includono anche le vertebre sacrali, quelli intermedi arrivano a metà schiena e quelli più estesi la coprono quasi tutta. La differenza con i paraschiena a “imbragatura” è che la chiusura dei paraschiena rigidi è sempre e solo in vita, quindi quelli così lunghi si muoveranno e sposteranno anche più facilmente (con le deleterie conseguenze già menzionate in caso di incidente) e quindi, se volete prendere un paraschiena lungo, optate per uno con più punti di chiusura e ancoraggio (ossia, per essere più chiari, optate per un paraschiena a “imbragatura”).
Orizzontale, nel senso della larghezza della schiena protetta. Alcuni paraschiena arrivano a coprire (in minima parte, ovviamente, ma è meglio di niente) anche parte della cassa toracica.
Altra caratteristica da tenere presente è il tipo di aerazione garantito dal paraschiena. Alcuni sono completamente traforati, quindi sono confortevoli d’estate, mentre d’inverno fanno più comodo quelli con le parti intermedie in tessuto “pieno” (cotone o una specie di vellutino ancora più caldo). A conti fatti, se usate la moto tutto l’anno, l’ideale è avere due paraschiena. Se ne volete uno solo, penso sia meglio optare per il traforato: d’estate la moto comunque si usa più spesso e d’inverno non sarà certo il paraschiena a tenervi al calduccio. ;)

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Paraschiena a “imbragatura” 

I paraschiena a “imbragatura” hanno la stessa filosofia dei paraschiena rigidi più estesi, con la differenza che riescono a coprire ancora meglio la schiena (praticamente da cima a fondo) ed hanno una chiusura in vita in velcro e due bretelle che passano sulle spalle, per fermare meglio la parte più alta.
Sono i paraschiena migliori e più protettivi (e più costosi) in assoluto. Va da sè che sono anche poco pratici in caso di sali e scendi dalla moto, magari al mare, in città o in brevi giri con soste frequenti, ma dal punto di vista della sicurezza sono quelli più consigliabili.
Valgono tutti i discorsi fatti in precedenza riguardo materiali, comodità e aerazione.

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Giubbini con protezioni 

I giubbini con protezioni erano inizialmente dedicati al motocross, ma poi si sono estesi anche per altri utilizzi più turistici e sportivi.
Sono le classiche “armature” di maglina di cotone a rete, con protezioni su più parti del busto. Quelli “base” hanno le protezioni solo su spalle e gomiti, poi via via includono anche parti rigide su avambracci, petto, torace e schiena.
La chiusura è tramite zip.
Sono l’ideale per attrezzare giacche non fornite di protezioni e va considerato anche che, trattandosi di veri e propri giubbini, sono più stabili di protezioni tenute ferme da piccoli pezzi di velcro come quelle delle giacche sui gomiti o i vari paraschiena tenuti fermi solo da una chiusura in vita.
Va da sè che sono poco pratici, somiglierete a dei marziani se solo aprirete la giacca, ma in fin dei conti ne va delle vostre ossa.
Vorrei anche sottolineare che portare questo tipo di giubbini, d’estate, senza altro addosso (ossia maglietta e sopra questo giubbino), non ha molto senso, perchè in caso di caduta la maglina a rete con cui è fatto il giubbino non ha la benchè minima resistenza alla trazione, agli strappi e a tutto ciò che succede durante le cadute. In altre parole, questi giubbini hanno senso solo quando c’è una giacca sopra a tenerli fermi!

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Paraginocchia 

I paraginocchia sono tipici di altri sport, come il pattinaggio.
I materiali sono plastici e vengono tenuti fermi tramite una fascia elastica.
Si posizionano sopra i pantaloni e proteggono le ginocchia in caso di caduta, anche se si spostano facilmente, quindi a mio avviso riescono nel loro intento solo in condizioni particolari di urto e velocità dell’impatto.
In ogni caso, volendosi proteggere il più possibile, considerate anche questo tipo di protezioni.

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Airbag da moto 

Gli airbag da moto li ho messi solo per amore di completezza, dato che li ho visti solo in foto, nelle pubblicità sui giornali. So che si indossano tipo giubbino ed hanno un cavo collegato alla moto. In caso di caduta, il cavo si stacca e in una frazione di secondo il giubbino si gonfia proteggendo la spina dorsale ed evitando movimenti eccessivi e violenti del collo.
Non so quanto siano comodi, realmente efficaci e costosi. A occhio penso siano molto utili, certo che il discorso del cavo legato alla moto li rende utilizzabili solo su lunghe percorrenze, altrimenti diventa uno stress aggiuntivo.
Di sicuro la ricerca sta proseguendo in questa direzione, visto che si stanno sperimentando anche protezioni solo del collo (in caso di caduta si gonfiano tipo i cuscini che si adoperano viaggiando in treno o in aereo) ed altri modelli di airbag.
Penso che la vera spinta verso questo tipo di protezioni arriverebbe se decidessero di adottarli nelle competizioni. Invece di modificare i regolamenti in modi talvolta assurdi e dai dubbi risultati per aumentare lo spettacolo, limitare i costi e quant’altro, potrebbero decidere, una volta tanto, di lavorare in direzione della sicurezza e rendere queste soluzioni obbligatorie per tutti i piloti. In quel momento sicuramente inizieremmo a vedere soluzioni efficaci e pratiche.
Vedremo in futuro se riusciranno a inventare qualcosa di più pratico, ad esempio dei sensori che misurano l’accelerazione laterale della moto, per capire che si sta cadendo e gonfiare automaticamente il giubbino, oppure banalmente un chip che capisce quando ci si sta allontando troppo rapidamente dalla moto o soluzioni di questo tipo, più “automatiche” e intelligenti di un cavetto legato alla moto.

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Sottocasco 

Il sottocasco è uno di quegli elementi semplici e poco costosi che aiutano ad aumentare il comfort durante la guida. Infatti a seconda dei materiali con cui sono fatti possono proteggere dal freddo, dal vento o semplicemente isolano da un casco magari non nuovissimo e quindi sporco così come proteggono la pelle dai fumi di scarico e dalla sporcizia nell’aria.

Seta 

Il sottocasco in seta, se di buona qualità, è molto confortevole e piacevole sulla pelle. Purtroppo in giro si trovano degli articoli sedicenti “in seta”, ma che scartavetrano peggio della lana di vetro!
Da verificare, ovviamente, la qualità della seta - ed è sufficiente toccarla - e delle cuciture - ed è sufficiente guardarle - per capire se sono fatte a mestiere e se non disturbano il viso una volta indossato, premendo sulla pelle.
Di solito questi sottocasco coprono la testa e una parte del collo ed in generale (sempre se la seta è buona) sono più longevi di quelli in cotone, ma si sformano più facilmente.

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Cotone 

Il sottocasco in cotone differisce da quello in seta solo per il materiale, per il resto sono identici. É più economico di quello in seta e si lava più facilmente.

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Con coprigola 

Il sottocasco con coprigola è di cotone e la parte sul collo è lunga ed estesa e scende verso il petto a proteggere la gola dal vento.
Questo sottocasco ha senso solo se la parte sulla gola è rivestita, all’esterno, di materiale che protegge dal vento, come ad esempio il Windstopper (ma questa è una marca, come il Goretex ed esistono altre marche magari meno costose ma ugualmente efficaci). Il lato interno della parte sulla gola, invece, deve essere rivestita di materiale confortevole al tatto, visto che andrà a contatto della delicata pelle del collo.
Questo, a mio avviso, è il sottocasco più confortevole ed utile, da usare anche d’estate visto che si limita ad isolare e non a scaldare.

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Con copricollo 

Il sottocasco con copricollo è simile a quello con coprigola, ma questo copre anche la parte posteriore del collo, contro gli spifferi d’aria che provengono dalle turbolenze del casco.
É bene che la parte sul collo (sia anteriore che posteriore) sia rivestita con una membrana antivento.
I modelli invernali sono rivestiti, all’interno, di pile, come descritto nel paragrafo sui sottocasco invernali.

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Interfono 

L’interfono è un dispositivo controverso: c’è chi non potrebbe farne a meno e chi lo odia cordialmente al grido di: “già parlo tutto il giorno, pure mentre vado in moto devo farlo??”. É vero, d’altronde, che oltre una minima velocità, diventa quasi impossibile parlare con il passeggero, poi si perdono le parole, è scomodo, ci si distrae e mille altri problemi che lo rendono innegabilmente un oggetto molto utile per chi viaggia - e non solo.
Vediamo quali modelli si trovano in commercio.

Elettrico 

L’interfono elettrico è il tipo più comune. Alimentato a pile (generalmente stilo o quella quadrata da 9 Volts), è composto da una centralina e dalle cuffie per pilota e passeggero.
Alla centralina si collegano come minimo le cuffie di pilota e passeggero, ma molto spesso si possono collegare anche altri dispositivi come lettori MP3 o CD portatili, telefoni.
Il comando del volume può essere singolo (uguale per entrambe le cuffie) oppure doppio (uno per il pilota e uno per il passeggero).
Le cuffie possono essere principalmente di due tipi: per casco integrale e per casco aperto. Quelle per casco integrale hanno il microfono che si fissa tramite velcro con adesivo nella parte interna della mentoniera. Quelle per casco aperto, invece, hanno il microfono che si tiene davanti alla bocca tramite un braccetto rigido regolabile. Gli altoparlanti possono essere due (uno per ciascun orecchio) oppure uno soltanto.
Prima di acquistarlo dovete prima controllare, nel casco dentro cui volete montarlo, se questo è adatto ad ospitare le cuffie ossia se in corrispondenza delle orecchie l’imbottitura lascia lo spazio sufficiente per mettere gli altoparlanti. In caso contrario, questi vi faranno a pezzi le orecchie e dopo mezz’ora al massimo vorrete buttare tutto in un fosso e bruciarlo! Nel caso in cui vi fosse lo spazio, considerate anche l’opzione di smontare l’imbottitura ed infilare gli altoparlanti sotto lo strato superficiale dell’imbottitura, in modo che il suono non risulti attenuato, ma al tempo stesso gli altoparlanti non abbiano la possibilità di muoversi. Vi assicuro che gli altoparlanti che si spostano, dando fastidio alle orecchie e impedendovi di sentire la voce del passeggero è una delle situazioni più fastidiose che si possano avere in moto, forse anche più fastidiose della pioggia o del vento forte!
Le qualità cambiano molto, ho avuto in passato degli interfono che si rompevano con una facilità irritante (soprattutto i fili delle cuffie), altri che facevano passare ogni tipo di suono rendendo l’ascolto una vera sofferenza, altri, invece, di ottima qualità.
Occorre fare attenzione alla presenza di filtri “taglia-rumore” (ossia filtrano in modo elettronico le frequenze tipiche dei rumori, del vento, ecc) e alla qualità dell’articolo - e qui dovete fare affidamento all’onestà del venditore ed ai forum su Internet per avere le opinioni di chi possiede quell’articolo.

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Pneumatico 

L’interfono pneumatico è costituito da una serie di tubicini di plastica e sfrutta lo stesso principio di funzionamento dello stetoscopio, ossia trasmette le onde sonore all’interno dei tubicini e la voce e il suono vengono riprodotti dal microfono e negli altoparlanti tramite membrane.
É semplicissimo, indistruttibile, non consuma nulla, non soffre di interferenze di fruscii o rumori di fondo.
Dov’è l’inghippo? L’unico punto meno comodo rispetto all’interfono elettrico è nelle cuffie, che si fissano e incastrano praticamente nell’orecchio tramite un pezzo di cera (o simile) che si deve modellare la prima volta che lo si indossa. Ma tutto sommato non è così fastidioso e per il resto sono solo vantaggi!
Teoricamente sarebbe anche economicissimo, ma i pochi produttori che lo vendono tengono i prezzi irragionevolmente alti.
Naturalmente non è possibile integrare alcun tipo di dispositivo (telefono, lettore MP3, ecc).

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Bluetooth 

L’interfono bluetooth fa parte degli interfono di ultima generazione. Ha un funzionamento simile all’interfono elettrico, ma non ha fili tra le cuffie e la centralina dato che comunicano via Bluetooth.
L’assenza di fili lo rende molto pratico e comodo. Inoltre, spesso questo tipo di interfono ha anche la possibilità di comunicare con altre moto, dotate dello stesso tipo di interfono (non so quanto siano compatibili tra loro le diverse marche), ovviamente a distanze limitate.
Gli aspetti meno pratici di questo tipo di interfono riguardano i dispositivi che forniscono la connettità tra le cuffie e la centralina: spesso sono costituiti da piccoli scatolotti che si attaccano all’esterno del casco, col pericolo di perderli, romperli, ecc; inoltre, quando le cuffie si allontanano troppo dalla centraline, queste vanno “registrate” nuovamente; sono inoltre sensibili ad alcuni segnali radio e interferenze.
Tra i vantaggi hanno anche quello di integrare facilmente dispositivi esterni come telefono, lettori MP3, ecc.

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Altri accessori 

Questo paragrafo è una sorta di miscellanea che raccoglie vari accessori non catalogabili in altre sezione e che si possono indossare o utilizzare andando in moto. Più o meno utili, sono tra i dettagli che completano l’esperienza vissuta in moto.

Copricambio 

I copricambio proteggono le scarpe del pilota dall’usura, in particolare nella piccola parte a contatto con la leva del cambio. Vi assicuro che la leva del cambio è in grado di logorare con una certa facilità qualsiasi tipo di scarpe e se è vero che il segno sulle scarpe in corrispondenza dell’alluce sinistro distingue il motociclista dal “non-motociclista”, è anche vero che dopo un po’ è molto seccante avere tutte le scarpe usurate (principalmente) in quel punto.
A questo scopo sono stati ideati i copricambio che sono fondamentalmente di due tipologie: da fissare alla scarpa o da fissare alla moto.
I più diffusi tra quelli da fissare alla scarpa si chiudono tramite stretch e si fissano con una fascia attorno alla scarpa ed una attorno alla caviglia. Altri modelli non hanno lo stretch, ma si infilano direttamente nel piede. I vantaggi di questo tipo di copricambio sono il prezzo assai modesto (anche se a volte chiedono prezzi esorbitanti oltre i 10 euro!) e che non servono attrezzi per montarlo. I difetti tipici di questo tipo di copricambio sono sia che si perdono con una certa facilità (distrazione, sgancio in corsa o camminando) sia che si rompono con una certa facilità nel caso in cui ci si cammini senza toglierlo immediatamente, poichè l’elastico che passa sotto il piede si consuma molto facilmente.
Il copricambio da fissare alla moto consiste in un pezzo di gomma morbido sagomato che si innesta sopra la leva del cambio e che, di fatto, la sostituisce. Il vantaggio è che è una soluzione fissa, non si dimentica e non si perde. Anche questa può rompersi con una certa facilità e soprattutto, il difetto principale è che, se è comoda con le scarpe “urbane”, spesso lo è molto meno con i più ingombranti stivali tecnici (che hanno apposite protezioni in corrispondenza del cambio e per i quali, quindi, è del tutto inutile tale protezione).
A conti fatti, secondo me è meglio avere una protezione da fissare al piede senza stretch, tenendo conto che se ne useranno due o tre paia l’anno ;)

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Visierina antinebbia 

La visierina antinebbia, come è facile intuire, è utile soprattutto nelle mezze stagioni (primavera e autunno) e ancor più d’inverno, quando le temperature rigide provocano facilmente la condensa del fiato del guidatore, appannando completamente la visiera dal lato interno, con conseguente PERICOLO nonchè fastidio.
In realtà esistono sia gli spray da spruzzare all’interno della visiera e che durano relativamente poco, ma che sono sempre efficaci (non si consumano né si graffiano come le visierine e quando si spruzza è immediatamente operativo), sia delle vere e proprie visierine che si montano all’interno della visiera vera e propria del casco. In realtà si tratta di lamine plastiche che funzionano o grazie ad un minuscolo intercapedine d’aria che isola il freddo esterno dal caldo umido interno oppure grazie a delle sostanze anti-appannanti applicate al momento della fabbricazione della visierina.
Sono molto comode entrambe le soluzioni: lo spray è economico, rigenerabile in un attimo ed efficace nel breve periodo, mentre la visierina è più duratura, ma più costosa.
Entrambe le soluzioni hanno il problema dei graffi (si può graffiare la visiera “vera” mentre si distribuisce lo spray, così come si può graffiare la visierina mentre la si pulisce). Un problema aggiuntivo della visierina è che bisogna montarla con grande precisione, altrimenti è del tutto inefficace.

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Tergivisiera 

Il tergivisiera è utile in caso di pioggia per pulire la visiera dall’acqua con molta più efficacia e precisione di quanto non si riesca a fare con la classica “passata di guanto” (bagnato anch’esso ;)
É un anellino di gomma che si infila in un dito del guanto (tipicamente l’indice) e che ha una piccola “ala”, anch’essa di gomma, che funziona come un vero e proprio tergicristallo in miniatura.
Non è indispensabile, ma nelle stagioni piovose è molto comodo, al prezzo di pochi euro.

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